Microcosmi: Nicola Manicardi

Per la rubrica Microcosmi, L’EstroVerso pubblica degli inediti di Nicola Manicardi, che ringrazio per la gradita concessione.

Figli

Martina non sei un nome ma tanti.
Il plurale è il pianto a cui penso.
Non so dove sia la forza ma credo
nel sorreggere la vita che si dimena
come quando non prendevi sonno.
Ho l’insegnamento dei pochi sulle rughe
il lavabiancheria è ancora da aggiustare
come le pentole sono nella lista con le lenzuola.
[…]

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Il Transatlantico approda a Larosainpiu

Grazie di cuore a Sebastiano Adernò, che firma una nota di lettura a La teoria del transatlantico con parole che mi scaldano il cuore.
Un particolare ringraziamento a Larosainpiu.org, LIT-TLE blog di Salvatore Sblando. In questo blog ho sempre trovato apprezzamento sincero e gratuito.
Grazie, allora, a Salvatore Sblando, Daìta Martinez, ai quali ora si aggiunge Sebastiano.

“Avete presente Novecento di Barrico? Ebbene il Transatlantico di Tosetti arriverebbe prima anche partendo dopo.”

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Il Transatlantico approda a Videopoesia Aerea

Il blog [PA] Poesie Aeree, di Valeria Bianchi Mian, che già aveva ospitato dei testi tratti da La crepa madre (Pietre Vive, 2020), nella neonata rubrica Videopoesia Aerea pubblica una video lettura di Valeria, con testi e un breve commento de La teoria del transatlantico (Cofine, 2022).

Qui il video, disponibile anche su Youtube.

Grazie di cuore!

Microcosmi: Mattia Cattaneo

L’EstroVerso, nella rubrica Microcosmi, pubblica una mia nota di lettura al libro di Mattia Cattaneo: Partiture di pelle.

“[…]Nel creare questo punto d’incontro fra passato e presente (dal quale, inevitabilmente, ne risulta il futuro) seppur contrassegnato da un’atmosfera malinconica, talvolta da una tristezza non celata, Cattaneo mai ricorre a immagini esplicite, realistiche, fotogrammi che avrebbero favorito l’autore nella descrizione del dolore patito (e portato) e derivante dalla perdita, o nel racconto del ricordo, ma avrebbero condotto la silloge verso un realismo opposto a quanto l’autore ci dona in lettura.
Le poesie di Mattia germogliano in un ambiente (che possiamo definire anche “territorio”) popolato da precisi elementi, riaffioramenti dell’infanzia, ricordi ai quali il poeta riesce a sfilare lo sfondo della mera quotidianità, da cui però provengono, ed è tale processo di isolamento che determina, appunto, l’elevamento (o, se preferite, la traslazione) al mondo simbolico, dell’opera intera.[…]”.

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La teoria del transatlantico su Poeti del Parco

Poeti del Parco pubblica una recensione de La teoria del transatlantico (Cofine, 2022), a firma Maria Gabriella Canfarelli.
Grazie di cuore!

“[…] Nitido ed elegante, il flusso regolare delle strofe, la raffinata tenuta metrica di sestine (di cui la terza e la quarta in rima baciata) magnifica la possanza, l’onnipotenza che non tiene conto dell’accidente, dell’imprevisto sorgente in forma di iceberg, emersa isola neonata/ (…) /assente dalla mappa. Ciò che affonda/alfine un transatlantico è la storia.  Lo scarto tra teoria e realtà sta nella incognita d’ogni destino, tra aspettative e desideri che possono spezzarsi da un momento all’altro, intanto che noi si affronti ostinati/le immense procelle, i rischi dei mari; intanto che la poetica narrazione rigorosa e sobria di Carlo Tosetti rende palese il pensiero di un equipaggio intero […]”

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Microcosmi: Camilla Ziglia

Oggi, Microcosmi (rubrica da me curata ne L’EstroVerso), pubblica una recensione del libro Rivelazioni d’acqua di Camilla Ziglia (Puntoacapo Editrice, 2021), recensione a firma di Annalisa Rodeghiero.

Grazie di cuore!

“È all’acqua che Camilla Ziglia sceglie di affidare le sue rivelazioni sull’esistere, all’acqua intesa come elemento naturale primigenio ma anche come ambiente naturale d’elezione cui consegnare l’anima per lasciarla andare al fondo e poi elevarla al cielo. È il lago il luogo in cui Camilla, con grazia, invita il lettore a entrare: «Stai qui, senti/ – ti piace? –/ è il mio giardino/ sulla sponda del lago». Sulla sponda, in limine dunque, sulla soglia tanto cara ai poeti dove si percepisce intera la verticalità bidirezionale dello sguardo: l’infinito tumultuoso sotto la superficie, «ventre nero del lago» e sopra, l’infinito cielo «sull’altissimo universo». Il velo d’ordine apparente è lo specchio orizzontale del lago («In superficie la calma/ delle cose compiute») quella terra di mezzo tra terrestre sommerso e celeste riflesso, tra le cose dicibili e quelle intraducibili:

La zona tra due onde
come una molla carica
conserva immobile
la verità dell’acqua

[…]”

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Zebù bambino di Davide Cortese

Accende mille fiammiferi nella notte
Si brucia il ciuffo e le scarpe rotte.
Brucia un nome scritto su una nave.
Brucia la porta per far cadere la chiave.

È un libro coraggioso, quello di Davide Cortese (Zebù bambino, Terra d’ulivi edizioni, 2021) e coraggioso è l’editore che ha dato alle stampe una sintetica opera (21 poesie brevi), decisamente distante dalla poesia circolante e imperante.

Coraggiosa è la forma poetica: sono componimenti molto brevi, filastrocche, nelle quali spesso (ma non sempre) l’autore fa ricorso a rima baciata o alternata, conferendo giocosità al testo, giocosità che si respira a monte del verso, per il tema trattato.
Zebù (il piccolo diavolo), il Bel-zebù, infatti, se da un lato non nasconde la sua natura e la sua contrapposizione a Dio, dall’altro, data la tenera età, compie le sue innocenti malefatte con un candore che non attiene al male, bensì a qualsiasi bambino, o bestia che attenda la maturità per esplicitare il suo carattere ferino.
Se il termine candore può apparire un ossimoro, accostato a Zebù, ne voglio sottolineare la vicinanza al Candide di Voltaire.
Nel libro di Cortese, infatti, il piccolo Zebù non è oggetto di alcun rimbrotto da parte di un maligno “adulto” e, addirittura, i suoi innocenti svaghi hanno come vittima anche la Vergine e financo Dio; proprio la mancanza di una forza educatrice, o, in questo caso, plasmatrice sulla via del male, mi ricorda Candide.
Sono certo che, se Zebù venisse rimproverato o punito, non ne comprenderebbe la ragion sufficiente.
È un tale selvatico, Zebù, che i gesti narrati sgorgano puri, incontaminati come acqua di fonte, o forse come lava d’un neonato vulcano, e tale condizione di libertà sovrannaturale non può includere lo sviluppo di un super-io, impossibile data l’assenza di un’autorità genitoriale.

Eppure, lo sappiamo, declinando le vicende di Zebù nel mondo terreno, è proprio l’adulto, l’autorità, il modello da cui il bimbo apprende il male fine a sé stesso.
Questa autorità è presente nella crescita del suo coevo Gesù (così è presentato nel libro) le cui intemperanze ne prevedono l’intervento (descritto nei testi apocrifi) e che, forse, benché a risultati alterni, hanno contribuito a rifinire il carattere del Salvatore.
Quando Gesù bambino creò dal fango vivi uccellini, e il figlio dello scriba Anna cercò di eliminare le pozze d’acqua approntate da Gesù per l’impastare, la reazione del giovane figlio di Dio fu fulminante (il Vangelo dell’infanzia di Tommaso, da III, 2): Leggi tutto “Zebù bambino di Davide Cortese”