Microcosmi: Camilla Ziglia

Oggi, Microcosmi (rubrica da me curata ne L’EstroVerso), pubblica una recensione del libro Rivelazioni d’acqua di Camilla Ziglia (Puntoacapo Editrice, 2021), recensione a firma di Annalisa Rodeghiero.

Grazie di cuore!

“È all’acqua che Camilla Ziglia sceglie di affidare le sue rivelazioni sull’esistere, all’acqua intesa come elemento naturale primigenio ma anche come ambiente naturale d’elezione cui consegnare l’anima per lasciarla andare al fondo e poi elevarla al cielo. È il lago il luogo in cui Camilla, con grazia, invita il lettore a entrare: «Stai qui, senti/ – ti piace? –/ è il mio giardino/ sulla sponda del lago». Sulla sponda, in limine dunque, sulla soglia tanto cara ai poeti dove si percepisce intera la verticalità bidirezionale dello sguardo: l’infinito tumultuoso sotto la superficie, «ventre nero del lago» e sopra, l’infinito cielo «sull’altissimo universo». Il velo d’ordine apparente è lo specchio orizzontale del lago («In superficie la calma/ delle cose compiute») quella terra di mezzo tra terrestre sommerso e celeste riflesso, tra le cose dicibili e quelle intraducibili:

La zona tra due onde
come una molla carica
conserva immobile
la verità dell’acqua

[…]”

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Zebù bambino di Davide Cortese

Accende mille fiammiferi nella notte
Si brucia il ciuffo e le scarpe rotte.
Brucia un nome scritto su una nave.
Brucia la porta per far cadere la chiave.

È un libro coraggioso, quello di Davide Cortese (Zebù bambino, Terra d’ulivi edizioni, 2021) e coraggioso è l’editore che ha dato alle stampe una sintetica opera (21 poesie brevi), decisamente distante dalla poesia circolante e imperante.

Coraggiosa è la forma poetica: sono componimenti molto brevi, filastrocche, nelle quali spesso (ma non sempre) l’autore fa ricorso a rima baciata o alternata, conferendo giocosità al testo, giocosità che si respira a monte del verso, per il tema trattato.
Zebù (il piccolo diavolo), il Bel-zebù, infatti, se da un lato non nasconde la sua natura e la sua contrapposizione a Dio, dall’altro, data la tenera età, compie le sue innocenti malefatte con un candore che non attiene al male, bensì a qualsiasi bambino, o bestia che attenda la maturità per esplicitare il suo carattere ferino.
Se il termine candore può apparire un ossimoro, accostato a Zebù, ne voglio sottolineare la vicinanza al Candide di Voltaire.
Nel libro di Cortese, infatti, il piccolo Zebù non è oggetto di alcun rimbrotto da parte di un maligno “adulto” e, addirittura, i suoi innocenti svaghi hanno come vittima anche la Vergine e financo Dio; proprio la mancanza di una forza educatrice, o, in questo caso, plasmatrice sulla via del male, mi ricorda Candide.
Sono certo che, se Zebù venisse rimproverato o punito, non ne comprenderebbe la ragion sufficiente.
È un tale selvatico, Zebù, che i gesti narrati sgorgano puri, incontaminati come acqua di fonte, o forse come lava d’un neonato vulcano, e tale condizione di libertà sovrannaturale non può includere lo sviluppo di un super-io, impossibile data l’assenza di un’autorità genitoriale.

Eppure, lo sappiamo, declinando le vicende di Zebù nel mondo terreno, è proprio l’adulto, l’autorità, il modello da cui il bimbo apprende il male fine a sé stesso.
Questa autorità è presente nella crescita del suo coevo Gesù (così è presentato nel libro) le cui intemperanze ne prevedono l’intervento (descritto nei testi apocrifi) e che, forse, benché a risultati alterni, hanno contribuito a rifinire il carattere del Salvatore.
Quando Gesù bambino creò dal fango vivi uccellini, e il figlio dello scriba Anna cercò di eliminare le pozze d’acqua approntate da Gesù per l’impastare, la reazione del giovane figlio di Dio fu fulminante (il Vangelo dell’infanzia di Tommaso, da III, 2): Leggi tutto “Zebù bambino di Davide Cortese”

Si salpa!

Eccolo! Fresco di stampa, il poemetto La teoria del transatlantico, Edizioni Cofine.
Ringrazio con tutto il cuore Anna Maria Curci, che ha voluto questa pubblicazione; mi ha cercato e aiutato nella revisione. Grazie!
Grazie all’editore, Vincenzo Luciani, e alla moglie Rosa, per l’onestà, la gentilezza e la professionalità.

Scheda libro (e acquisti) qui.

Microcosmi: Valeria Bianchi Mian

Oggi L’Estroverso, nella nascente rubrica Microcosmi, pubblica la mia lettura al libro di Valeria Bianchi Mian, un libro molto particolare, dal titolo Vit[amor]te.
Grazie di cuore alla cara Grazia Calanna.

“[…] La silloge raccoglie poesie giovanili a altre scritte fra il 2014 ed il 2019, e, per tale ragione, l’opera si presenta in forma eterogenea, a cavallo fra la filastrocca (ma con suoni duri) e pure visioni che pescano a piene mani dalla tradizione esoterica, alternando sia un verso breve, brevissimo, che più dilatato e mantenendo sempre coerenza stilistica.
Una peculiarità della poetica espressa è la presenza di elementi di modernità, che scorrono agevolmente nell’alveo dell’antico.
Tuttavia, dedicarsi ad una lettura della pura sostanza poetica e puntare l’obbiettivo unicamente sulla forma, sarebbe decisamente fuorviante; ci porterebbe ad abbandonare il sentiero proposto dal libro.
I puristi della forma possono trovare nella storia opere esoteriche in rigoroso metro. Cito, per evitare l’inflazionato Nostradamus, i Sonetti Alchemici di Francesco Maria Serpilli (libro dato alla stampa da Edizioni Mediterranee Roma), noto in ambiente alchemico quale autore della Lux Obnubilata. […]”

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La crepa madre su Menabò

Un grazie di cuore a Menabò, che pubblica una recensione de La crepa madre, a firma di Emanuela Dalla Libera.

“Ci sono ricordi che ci restano intrappolati dentro con la forza di un sortilegio, specie se si accompagnano, nella memoria del tempo vissuto, a eventi in cui crediamo di poter leggere qualcosa di affine, qualcosa che accomuni la nostra esperienza individuale a fenomeni più grandi che coinvolgono una comunità, o la fisiologia stessa della natura e del mondo. E il ricordo diventa epos, narrazione che si snoda in un susseguirsi di fatti accidentali o pazientemente osservati nel tempo, ugualmente devastanti, ugualmente bisognosi di un intervento drastico e risolutore. […]”.

www.menaboonline.it

IX Edizione del Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana

 

La crepa madre ha vinto il primo premio alla IX Edizione del Premio Letterario Internazionale Città di Sarzana.

Un grazie di cuore a organizzazione e giuria, ma sempre va un ringraziamento al mio editore, che ha avuto il coraggio di pubblicare questo libro e ad Ale + Ale, per la splendida copertina e per le immagini interne.

Mi permetto di rubare alcune parole scritte dall’editore (Antonio Lillo), nella newsletter della casa editrice, a proposito della vittoria; parole che condivido totalmente, ma che vivo soprattutto con la serenità di chi ha lavorato sodo per un progetto un poco folle… e che ci sta regalando dei frutti:

“[…] l’opera di Carlo è intrisa, proprio in senso dantesco, di un amore smisurato per la parola, che si esprime in un uso disinvolto e quasi barocco nella sua abbondanza di un vocabolario ricercato – quindi lontanissimo da qualsiasi prescrizione delle odierne scuole di scrittura. A qualcuno, proprio per questo suona un po’ agé, ma solo perché tale ricerca cozza contro le nuove forme espressive che prediligono la velocità e quindi: vocabolario semplice, forma rapida ed epigrammatica, emotività istintiva di presa immediata. È il tempo dell’haiku formato IG questo.
[…]
mi riesce difficile spiegarmi come operazioni simili nello spirito, vedi quelle realizzate da Michele Mari in libri come Io venia pien d’angoscia a rimirarti o da uno scrittore per me geniale come Ezio Sinigaglia che ha scritto L’imitazion del vero (TerraRossa) in puro stile boccaccesco e con linguaggio finto-cinquecentesco, vengano accolte con maggiore attenzione di un libro come La crepa madre che a suo modo, cioè in versi, si muove nello stesso solco. Una ricerca che, attraverso uno stile antinovecentesco, prova a opporsi alla dimensione ombelicale di molta della letteratura che si fa oggi.[…]”.

Ed allora… Grazie ancora, Tonio!