Alle cave roventi
(fossili d’ammoniti
scalpellavi e di felci)
a volte la montagna
cedeva i pezzi ameni;
l’uovo di pietra, ancora,
è schivo, come offeso,
è tumido all’ombra
del faggio, riposa.
Non mi comprasti
mai l’azzurre gemme
e nemmeno l’ippocampo,
eppure m’inzuccavo
ai carretti del porto:
lì vendono i turchesi
e l’odore dei cesti
– dei cavallucci secchi –
è l’arido mare.
Lo dici avvolto d’oblio,
ma quel dirigibile
– tremulo e grigio,
deduco impercetto –
vacuo sostava
intorno a Natale,
d’istanti pochi,
appeso al niente,
davanti al balcone, silente.