Mio padre è, da sempre, un gran consumatore di film western e di guerra.
Da decenni, allora, lo vedo illuminato dalle luci pulsanti della televisione. Ora blu, ora arancione, ora giallastro e rosso, egli è ipnotizzato da spari, esplosioni, urla, imprecazioni e gemiti di morenti.
Forse per questa sua passione, da piccolo, intuii quanto dovesse essere molto più atroce e doloroso ricevere una o più pallottole in pieno petto nudo, piuttosto che ben coperti e riparati almeno da una t-shirt in cotone.
Questo tarlo senza una logica terrestre, negli anni, s’è ben guardato dal bucare il mio cranio, dall’uscire all’aria aperta; non m’ha mai abbandonato.
Ancora oggi, all’improvviso, nei momenti più disparati, m’assale il pensiero di beccarmi una pallottola, che so… in un polmone, anche solo in una spalla, ma rigorosamente a petto nudo.
Oggi m’è capitato mentre facevo colazione. M’hanno preso… penso il fegato.
Allora ho pensato che – senza alcun dubbio – deve esistere un legame fra il punto che immagino venga colpito ed il mio stato d’animo.
Banalmente: non digerisco una situazione, mi sparano allo stomaco. Mi sento amareggiato: pam! Mi beccano la cistifellea.
Poi, fortunatamente, mi sono reso conto che una giornata, con questo preludio, non potrebbe che sfociare in un dramma insopportabile, quindi ho cercato di concentrarmi sui biscotti.