Ciao Lhasa…

Lo scrivo. Si, forse è patetico, ma lo scrivo perché ho conosciuto la musica di Lhasa De Sela da una settimana.
Mi ha folgorato. Bella, brava, struggente, calda.
Oggi apprendo che il primo gennaio se n’è andata, a 37 anni; mi sono scese due lacrime, una per occhio, una per l’uomo e una per la donna. Una per me e una per lei.
Ciao Lhasa. Un bacio.
 

Ardore

E’ relativo contare i gradini
della Moschea del Re Vivente;
lo sono anche il gusto piccante,
l’appartenenza ed il prezzo
di un vecchio montone.
Relativo è l’aspetto
gordiano di un nodo,
come lo è l’odore del sale,
oppure il mio ardore
ed il buio rispetto al suo luogo.

Le formiche volanti

Nell’hotel governativo di Rangat l’aria era ferma e appiccicosa. Sembrava di attraversare camminando dell’olio vaporizzato; una sostanza oleosa e densa aderiva alla pelle lasciandoci preda di una pellicola soffocante.
 
La spoglia scrivania della reception era minacciata da gigantesche pale, che roteavano lentamente accompagnate da un cigolio d’attriti cronici, il che non avvalorava la mia teoria dell’atmosfera unta.
L’uomo ad accoglierci pareva un alieno rispetto agli altri locali: un indocinese, qualcosa del genere, i cui lineamenti erano stranieri in terra straniera. Questo ci univa. 
Spesso suonava il telefono e purtroppo non comprendevo la lingua: mi incuriosiva sapere i contenuti delle telefonate; l’hotel era semivuoto. Forse erano tentativi di prenotazione, ai quali veniva negato questo privilegio: soggiornare all’Hotel governativo.

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Errare è umano

Un centro commerciale noto nella mia zona ha come simbolo un elefante.
Ricordo che, anni fa, in quel formicaio inoperoso, mi soffermai davanti alla vetrina di un negozio che aveva gettato la spugna. Le vetrine erano oscurate dall’interno con una carta di un giallo iper-diafano, la cui “giallità”, che sfuggiva ai sensi, non poteva che venirmi suggerita platonicamente.

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La solidità del topo

Tre topi, più uno.
Il primo è africano, infilzato malamente da una stecca di legno, sfrigola controvoglia sul fuoco per placare la fame di pochi disperati; poco prima non era certo infastidito dalla presenza del carnefice, le cui scorte alimentari (per misere che siano) ed i quali rifiuti sono delle autentiche ghiottonerie.
Il secondo è indiano. Appostato nella penombra, dietro una colonna, attende tre povere donne, molto lontane da noi e vestite di poco, che portano latte e cocco nel tempio di Karni Mata. Sfamano i sacri ratti.

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10/11/2009, Auguri Alessandra!

Fra le cose che il mare getta
si cerchino le più disseccate,
zampe violette di gamberi,
testine di pesci morti,
soavi sillabe di legno,
piccoli paesi di perla,
si cerchi ciò che il mare ha sfatto
con inutile insistenza,
ciò che ha rotto e squassato
e abbandonato per noi.
 
Pablo Neruda
 
Tanti auguri Alessandra!
Chi sarà mai quell’Homer Simpson?
Un bacio e un omaggio!

L’uomo che lava la strada

Uscendo di casa, la mattina, ancora intorpidito affronto una breve salitella. Io costeggio il muro scalcinato sulla sinistra e l’occhio cade sempre sulla destra: c’è qualche metro quadrato di asfalto bagnato. Sempre nello stesso punto. Davanti alla cancellata bianca di una villetta.
La prima volta ho dedotto che di notte era caduta una modesta pioggia, ma dopo pochi passi mi sono ricreduto, perché la pioggia non è così selettiva da bagnare solo 10 metri quadrati.
Per qualche giorno, complice il sonno, l’inganno si è ripresentato. Sempre nello stesso punto, sempre questo rettangolo bagnato dalla pioggia. Un rettangolo perfetto se non fosse posto in discesa. Motivo per cui il lato più in basso rispetto alla pendenza si frastaglia in piccoli e numerosi rigagnoli.

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