Oggi, su Versante Ripido, alcune mie poesie in dialetto e una breve riflessione.
Grazie di cuore alla redazione!
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Autore: toscarlo
Poesie marine VII
E’ una serie di poesie scritte ispirandomi alle foto di Giovanni Cecchinato (le trovate qui: Costa Adriatica Nord – Liquido confine)
C’è chi teme
per la vita l’immersioni;
eppure per le vaste
distese sabbiose,
vagola il silenzio
fuggito dai lidi: Leggi tutto “Poesie marine VII”
Le domeniche quiete
Le domeniche quiete,
si stagliano le cime
di roccia, altere,
davanti ai cieli muti
e piano il pomeriggio
vira e si fa bigio.
Oltre l’ordine,
ineffabili, le selve
tramandate dove
s’incontrano i pensieri
ferini e degli Dèi,
le nostre case,
incompiute e cupe,
nei sogni.
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Olimpi
Quando il giorno dilata
il chiarore, sbrigliato,
insozza il pisolare astruso,
l’enigma buio che divide
dunque il tempo umano,
ma torna la somma, sempre,
dell’ore sprofondate,
incoscienti, afflitti
dall’amaro che monta
– anche ai mari del Nord,
lì, straniti nell’attesa –
poiché la notte tarda.
Alfine tutto riguarda
le forze che i greci
in dodici contavano,
pensando gli Olimpi;
e pure nella tregua
dei loro bisticci,
nell’ambiguo dei poli,
la conta della vita
vissuta non varia.
Ul demoni
Lur cantaven
i soeu Rosarii
e i Requiescanti,
arent i mort,
cunt un latino
tutt pastrugnà.
Inscì scampaven
anca cent agn,
perché ul Signur
cugnuss tusscoss,
ma el capiss no
quel gibilé
e ul soeu incuntrari,
che l’è ul demoni,
el golza no
de faa casott;
el sacramenta
cunt ul prevost,
che l’ha studià
e l’è bel ciciott.
Traduzione:
Cantavano
i loro Rosari
e i Resquiescant,
vicino ai morti,
con un latino
tutto pasticciato.
Così scampavano
anche cent’anni,
perché il Signore
conosce tutto,
ma non capisce
quella confusione
e il suo contrario,
che è il demonio,
non osa
fare casino;
bestemmia
con il parroco,
che ha studiato
ed è bello grasso.
Puresin
Quel ch’el vètt
bei e mort tutt i gain,
e faa anca a tocc, in del becchee,
e lu el piang, perché porit,
i puresin, ch’in piscinin,
l’ha vist che i vend
(i maruchin) tutt culurà,
sul marciapee, a caragnà
in di casett de l’uga.
Poeù, cun tri danee,
el toeu el pollaster
de faa bell less
e a dic che l’era
un puresin, e poeù
el cress gaina,
nient… El pacia istess.
Traduzione:
Pulcini
Quello che vede
bell’e morte tutte le galline,
e fatte anche a pezzi, dal macellaio.
e lui piange, perché poverini,
i pulcini, che sono piccolini,
ha visto che li vendono
(i marocchini) tutti colorati,
sul marciapiede a piangere,
nelle cassette dell’uva.
Poi, con tre soldi,
compra il pollo
per fare il lesso
e a dirgli che era
un pulcino, e poi
cresce gallina,
niente… mangia lo stesso.
Poesie marine VI
E’ una serie di poesie scritte ispirandomi alle foto di Giovanni Cecchinato (le trovate qui: Costa Adriatica Nord – Liquido confine)
I castelli di sabbia
(cinti dai fossati
solcati da piccoli
guardinghi caimani)
confinano spesso
con circuiti minori,
dove rotolano i visi
d’estinti corridori;
giochi effimeri e leali,
esposti a ridotti tsunami,
la spiaggia ne vede
in un giorno spuntare
e svanire a milioni.
Li sormontano grandi
cattedrali d’immani
strutture di scivoli,
tubi, opprimono
le rive i quartieri
degli svaghi artificiali,
i bulimici chioschi,
frastuoni di mercanti
nel tempio, pasciuti,
abbronzati ed ignari:
e muta sobbolle
la furia di uragani.